Se, a fine anno, il c/c contiene 1.200€ (perché, a fronte di un reddito di 1000/€/mese, si sono risparmiate 100/€/mese) significa che si è deciso di detenere mezzi di pagamento, invece che strumenti finanziari.
I motivi possono essere i più diversi; resta però il fatto che nessuno può comprare alcunché pagando con un BTP perché il venditore dovrebbe calcolare la corrispondenza fra il valore del BTP e quello della merce al momento in cui la vende e/o al momento in cui lo converte in mezzo di pagamento. Ed essendo quotato, il valore del BTP varia sistematicamente e non è detto che vi sia corrispondenza fra i due valori. Ad es., anche quando vendiamo un immobile, al momento del rogito pretendiamo un assegno circolare e non un assegno bancario perché non sappiamo se quest’ultimo è `coperto’.
La differenza dunque fra i due aggregati tecnici (mezzi di pagamento e strumenti finanziari) sta a) nella corrispondenza fra valore della merce e valore del mezzo-strumento al momento dello scambio, b) nell’impossibilità per il venditore di rifiutare il mezzo di pagamento avente potere legale e c) la possibilità del venditore di rifiutare un pagamento tramite uno strumento finanziario.
Se, dopo 5 anni, permane invariato l’atteggiamento, il c/c conterrà una rimanenza di 6.000/€ e se supponiamo che, nel frattempo, abbiamo vinto alla lotteria 50.000/€ accreditati nel c/c, lasciando lì ´a dormire’, disporremo a fine periodo di una rimanenza di 56.000/€. In verità, si è scelto di investire quanto disponibile in liquidità, in mezzi di pagamento. Potremmo chiamare questo risparmio eccedenza monetaria temporanea per riservare la parola risparmio alla detenzione di strumenti finanziari. Ne segue che il risparmio è sempre investito o in liquidità e/o in strumenti finanziari.
L’ammontare di liquidità detenuta, probabilmente deriva dal tenore di vita: se utilizzo una Ferrari abitualmente e faccio molta strada, avrò necessità di disporre di molta liquidità per pagare la benzina; al contrario se utilizzo una 500 e faccio poca strada. La scelta del risparmiatore tende dunque ad essere libera e razionale rispetto alle aspettative di spesa, alla necessità di accumulare una somma, di trasportare il valore di quella somma nel tempo, della capacità di assumere il rischio percepito, di desiderare un rendimento atteso, ecc.
Tralasciamo, come si è fatto fin qui, il rischio di credito dello strumento finanziario: il rischio cioè che l’emittente sia insolvente (cioè non paghi né alla scadenza né mai). Relativamente alla liquidabilità di uno strumento, cioè alla possibilità di uscire dall’investimento, in linea di massima possiamo dire che uno strumento finanziario quotato in un mercato ufficiale è preferibile rispetto ad uno non quotato, se non altro perché nel mercato vi sono mille occhi che guardano e che cercano di cogliere segnali di crescita prospettica dei prezzi (per acquistare oggi e vendere domani) e/o di diminuzione prospettica dei prezzi (per vendere oggi e riacquistare domani). Uno strumento non quotato, invece, di solito registra prezzi decisi dall’emittente che ha interesse a sostenere il prezzo per alimentare la speranza di un buon esito dell’investimento e per poter classare altri strumenti successivamente, cioè cedere rischio al mercato.
Uno strumento finanziario quotato in un mercato non ufficiale (over the counter, otc) è preferibile ad uno non quotato tout court, ma non è preferibile ad uno quotato in un mercato ufficiale. Il motivo è semplice: nei mercati ufficiali incidono anche, ma non solo, le relazioni fra emittenti e mercato, mentre nei mercati non ufficiali incidono quasi esclusivamente le relazioni.
Tornando alla rimanenza nel c/c sopra ipotizzata, è evidente che vi è una disponibilità adeguata a comporre un portafoglio di strumenti finanziari al fine di diversificare il rischio di mercato: il rischio cioè di avere la necessità di vendere lo strumento prima della sua scadenza naturale e di trovare sul mercato un prezzo minore del prezzo di acquisto.
Di regola, nella composizione del mix di portafoglio si concentra l’attenzione sul prezzo di acquisto, sul rendimento lordo e/o netto, sulla scadenza (maturity), ma quasi mai sulla duration (scadenza media finanziaria) e sulla liquidabilità dello strumento.
Non è questa la sede per addentrarsi in argomentazioni di matematica finanziaria, le uniche che consentono di giungere ad una approssimativa quantificazione dei rischi di mercato; basterà sapere che i prezzi delle obbligazioni sono sensibili alle variazioni dei tassi dell’interesse per cui, se i tassi crescono, i prezzi diminuiscono e viceversa. Per fronteggiare questi rischi e in assenza di sufficienti competenze in matematica finanziaria, il risparmiatore dovrebbe appropriarsi di alcuni elementi di giudizio fondati sul buon senso e non semplicemente sul senso comune e cioè tenere conto che:
- ad alto rischio corrisponde un alto rendimento e quindi il rischio di subire una perdita è più probabile di quanto non sarebbe se il rischio e il rendimento fossero allineati ai rendimenti correnti sul mercato: ad es. se un BTP a 10 anni dà un rendimento corrente dell’1% (al netto dei costi di transazione e delle imposte) e un altro strumento rende il 3% netto, bisogna tenere conto che quest’ultimo incorpora un rischio ben superiore;
- uno strumento è tanto più liquidabile quanto più è prontamente ed economicamente vendibile, cioè se vi è un mercato sufficientemente efficiente per scambiarlo con immediatezza contro mezzi di pagamento e se il prezzo di vendita è almeno intorno al prezzo cui è stato acquistato;
- più lontana nel tempo è la scadenza naturale dello strumento, più elevato è il rischio di oscillazione del prezzo (si ricorda che la c.d. scadenza indeterminata dei c/c non indica una scadenza protratta, ma a vista);
- le azioni non hanno scadenza e non vengono rimborsate per cui il loro prezzo è maggiormente sensibile ai movimenti speculativi (indotti dagli operatori che cercano di guadagnare su differenze di prezzo) invece che alle oscillazioni dei tassi dell’interesse;
- le quote dei fondi non sono quotate, ma sono quotati gli strumenti finanziari che compongono il fondo;
- è conveniente decidere quanto si è disposti a perdere e non quanto si desidererebbe guadagnare.
Va infine segnalato che la `profilatura’ richiesta dalle norme (MIFID) andrebbe considerata con grande attenzione soprattutto da parte del cliente, cioè da colui che compra e che quindi assume tutto il rischio. Costui non dovrebbe avere timore e/o vergogna di dichiarare la propria ignoranza in materia di matematica finanziaria, l’unica disciplina che può offrire una misura del valore della coppia rischio-rendimento di uno strumento finanziario e dovrebbe tenere conto che un venditore deve essere simpatico, sorridente, educato, accattivante, ecc. ma i quattrini sono del cliente il cui interesse dovrebbe essere quello di contemperare il rendimento con la possibilità di uscire liberamente dall’investimento, conveniente o meno che sia dal punto di vista tecnico, e non di restarvi ingabbiato.
Un pensiero riguardo “Banca: liquidabilità degli strumenti finanziari”