Premessa
Un recente articolo di Alberto Mingardi, DG dell’Istituto Bruno Leoni, ha ripreso da par suo un antico argomento: la responsabilità sociale dell’impresa. Un argomento intrigante che mi ha appassionato a suo tempo. In questo breve scritto non mi riferisco tuttavia alle imprese in generale ma alle banche perché Mingardi, citando la celebre predica inutile di Luigi Einaudi sulle ‘banche senza aggettivi’ (1924), mi ha ricordato alcune riflessioni.
<<Se fosse libera e responsabile verso i suoi azionisti farebbe la selezione tra le varie imprese secondo la solidità dei rispettivi bilanci, senza preferenze di qualità per l’una o per l’altra. Invece, essendo soggetti al criterio politico dello stata, dovrà dare precedenza alle industrie da questo preferite. Se così non fosse, non occorrerebbe l’ingerenza dello stato. Questa o serve a deviare la banca dalla sua dritta naturale via o non ha ragione di essere>>.1
La questione della responsabilità sociale delle banche è dunque assai nota da tempo anche in Italia e, mi sembra, irrisolta fino ad oggi. Basterebbe osservare le vicende dei salvataggi bancari che si sono susseguiti nei decenni e che si susseguono tutt’ora non solo nel nostro Paese.
Vien da chiedersi, dunque, se l’auspicio einaudiano sia un mero precetto moralistico che non può oggettivamente trovare attuazione nemmeno nel ‘mondo capitalista’. In un ‘mondo socialista’ l’obiettivo sembrerebbe addirittura assurdo, contraddittorio.
Che fare?
Il ‘mondo capitalista’ avrebbe, mi sembra, una specie di via d’uscita che si trova proprio nella prima frase di De Viti, appena citata:
<<Se fosse libera e responsabile verso i suoi azionisti farebbe la selezione tra le varie imprese secondo la solidità dei rispettivi bilanci, senza preferenze di qualità per l’una o per l’altra.>>
Vi si trovano due concetti che mi sembrano rilevanti: gli azionisti e la valutazione del merito di credito. La società di capitali e il merito di credito, cioè quelli che mi sembrano i due pilastri teorici sui quali dovrebbe fondarsi una teoria della banca qualora prevedesse che il rischio d’impresa deve essere in capo ai portatori di fondi propri e non in capo ai depositanti. I due pilastri potrebbero essere fondati sui lavori di Raffaele Mattioli (1962)2 e sulle previsioni regolamentari in materia di fondi propri, In vigore fin dal 1974.
Questa mia opinione, però, non è avvalorata dai fatti: se fossimo nel campo delle scienze dure, si direbbe che non regge alla sperimentazione. Infatti, nonostante, budget, bilanci, valutazioni su mercati regolamentati degli strumenti finanziari emessi dalle banche, ecc. consentano ampi margini di discrezionalità, quest’ultima non sembra mai sufficiente a limitare la sistematica distruzione di aziende di credito perseguita con tenacia e alla luce del sole.
Conclusione
Altro che ‘Inconsapevoli marionette’ quasi fossero vittime di mani invisibili: fosse così sarebbero vittime della superficialità, dell’ignoranza nel senso etimologico del termine e potrebbero fruire del benevolo giudizio di un qualsiasi tribunale: ‘assolti per non avere compreso il fatto’.
Ma io non ho quasi mai visto mani invisibili e ho notato prevalentemente mani visibili che sapevano leggere, scrivere e far di conto; eventualmente, alla mala parata, ‘buttandola’ nel sociale, sul destino cinico e baro o sul non meno cinico e baro ‘mercato’.
Così ho maturato la convinzione che, non essendo possibile nemmeno per queste imprese un governo di puri spiriti, le banche dovrebbero, dapprima, fare profitti almeno per stare in piedi e, successivamente ed eventualmente, fare del bene al resto del mondo, pur con criteri esclusivamente clientelari.(3)
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1 A. De Viti De Marco, La funzione della banca – introduzione allo studio dei problemi monetari e bancari contemporanei, II ed, Giulio Einaudi Editore, Torino 1936, p. 109-110. Mi sembra assai divertente riportare quanto l’Autore scrive nella Prefazione alla I ed. (1935): <<Lo scritto che ora si ristampa ha goduto, dal 1898 ad oggi di una inviolata sepoltura sugli Atti della R. Accademia dei Lincei… Il sotto-titolo è stato introdotto da Luigi Einaudi, che molto ringrazio dell’assistenza prestatami…>>.
2 E, successivamente, nelle Relazioni annuali al CdA della Banca Commerciale, pubblicate in due volumi da Ottavio Capriolo, Milano 1974 e 1976.
3 In occasione del L anniversario dalla pubblicazione del famoso articolo del prof. M. Friedman (1970) sulla responsabilità sociale delle imprese, il prof. Luigi Zingales ha curato un ebook ove si discutono diverse questioni relative a questo tema.