Banca: tutela del risparmio

L’art. 47 della Costituzione [1] è stato scritto nel corso di un periodo storico nel corso del quale il sistema economico risentiva della crisi degli anni Trenta ed era appena uscito da una guerra devastante, la seconda in circa trent’anni. L’articolo non poteva non risentire delle vicende di quel periodo che vedeva un sistema bancario e un sistema industriale in mano allo Stato, tramite l’IRI. Favorire l’accesso alla proprietà dell’abitazione, significava finanziare la ricostruzione del Paese, favorire l’accesso alla proprietà diretta coltivatrice significava mettere in campo l’abolizione, ormai matura, della mezzadria e finanziare `la terra a chi la lavora’, favorire l’accesso all’investimento azionario significava, in quel periodo, finanziare l’industria di Stato.

La tutela del risparmio e il coordinamento dell’attività creditizia, di cui al primo comma, non potevano perciò non essere funzionali a quel mondo, a quella struttura dell’economia del Paese, a quella strategia politica. I cambiamenti intervenuti nei decenni scorsi, secondo me, rendono obsoleto il contenuto stesso dell’art. 47, così come molti altri della Costituzione in vigore: gli obiettivi costituzionali sembravano a portata di mano grazie ad un mondo assai meno complesso di quello attuale.

Pur restando un termine sibillino, la parola risparmionon aveva il contenuto odierno, analogamente il controllo e il coordinamento del credito.

Il risparmio, infatti, è identico al suo investimento che lo misura in termini monetari, di rischio e di rendimento: depositi bancari, obbligazioni pubbliche e private, quote di fondi comuni e strumenti finanziari derivati.

Il controllo e il coordinamento del credito sono diventati molto più complessi sia perché le aziende bancarie e finanziarie sono oggi SpA prevalentemente private, seppure con qualche interessenza pubblica, sia perché spessissimo fanno parte di gruppi bancari, se non di conglomerati finanziario-assicurativi.

Dato che nessuno potrà mai tutelare l’investitore dal rischio di mercato, come dicevo in un post precedente, non resta che la possibilità di tutelare il risparmio dal rischio di default dell’emittente.

Nel 1985 [2], a questo problema e per rispondere ad una direttiva europea si è risposto con il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (N.B. e non del depositante) che prevede, anche oggi, un limite massimo di tutela pari 100m/€. Ora si sta pensando ad un Fondo di tutela comunitario: uno dei problemi è, ad esempio, che le banche partecipanti al Fondo, quando è il momento, sono restie ad intervenire a favore di clienti di banche zombi.

Passando ad altri investimenti, dovrebbe essere noto a tutti che gli investimenti in azioni e in obbligazioni subordinate sono passibili di perdita totale e che le obbligazioni sono privilegiate rispetto ad altri creditori.

Né le quote di fondi comuni prevedono rimborsi.

Per restare al rischio di insolvenza, alcuni anni fa si è posto il seguente problema: in caso di default dell’emittente banca, chi deve pagare i creditori? Lo Stato (bail out) o i creditori stessi (bail in)? È maturata così l’opinione che, in presenza di tutela dei depositi (esistente in tutta Europa), le perdite su investimenti del risparmio in altri strumenti finanziari non dovessero essere posti a carico del contribuente: il risparmiatore infatti, disponendo di una somma relativamente ragguardevole avrebbe avuto l’onere di occuparsene.

Il Contratto del Governo del Cambiamento sul punto, dunque, prevede una sorta di mutualità fra cittadini: la perdita di coloro che hanno investito in strumenti rischiosi viene posta a carico, pro-quota, anche di chi non vi ha investito per nulla. Il che mi sembra assolutamente iniquo.

Il punto 6 del Contratto [3] comunque è scritto in modo talmente approssimativo e con parole così poco appropriate da far supporre che si tratti di un manifesto elettorale invece che di un programma di governo. In caso contrario, a leggere le ultime righe, sembra invitare gli investitori ad evitare l’Italia.

Per un confronto si veda questo studio.
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[1] “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.
Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.”
[2] P. Biffis, La tutela dei depositi bancari, in Note Economiche del Monte dei Paschi di Siena, n. 3-4, 1986, pp. 63-81.
[3] Contratto per il governo del cambiamento.
6 -Tutela del risparmio
Il sistema del “bail in” bancario ha provocato la destabilizzazione del credito in Italia con conseguenze negative per le famiglie, che si sono viste espropriare i propri risparmi che supponevano essere investiti in attività sicure.
Occorre rivedere radicalmente tali disposizioni per una maggior tutela del risparmio degli italiani secondo quanto afferma la Costituzione.
In particolar modo, è necessario responsabilizzare maggiormente sia il management che le autorità di controllo in quanto primi responsabili di eventuali dissesti, anche attraverso l’inasprimento delle pene esistenti per fallimenti dolosi.
Per far fronte al risarcimento dei risparmiatori “espropriati” si prevede anche l’utilizzo effettivo di risorse, come da legge vigente, provenienti da assicurazione e polizze dormienti.
La platea dei risparmiatori che hanno diritto a un risarcimento, anche parziale, deve essere allargata anche ai piccoli azionisti delle banche oggetto di risoluzione.
Occorre ridiscutere i parametri dei protocolli di rating di Basilea che ad oggi creano grave pregiudizio alla sopravvivenza e allo sviluppo del tessuto della micro impresa italiana.
Inoltre, con riferimento alla banca Monte dei Paschi, lo Stato azionista deve provvedere alla ridefinizione della mission e degli obiettivi dell’istituto di credito in un’ottica di servizio.
Sempre a tutela del risparmio e del credito, bisogna andare verso un sistema in cui la banca di credito al pubblico e la banca d’investimento siano separate sia per quanto riguarda la loro tipologia di attività sia per quanto riguarda i livelli di sorveglianza.
In materia di recupero forzato dei crediti da parte di banche e società finanziarie, intendiamo sopprimere qualunque norma che consenta di poter agire nei confronti dei cittadini debitori senza la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
Occorre investire per sviluppare l’innovazione tecnologica nella fornitura di servizi e prodotti finanziari (blockchain e FinTech), anche al fine di garantire una maggiore trasparenza nelle transazioni finanziarie.

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