Questo breve scritto trae lo spunto dall’intervento della prof. Elsa Fornero in occasione di un incontro con gli studenti tenutosi a Ca’ Foscari il 17 settembre 2019 dal titolo `I retroscena della crisi italiana’ .
Premessa
È evidente che nessuno può assicurare il rischio di morte tout court: si tratta infatti di un evento certo.. È invece possibile assicurare il rischio di morte e/o di sopravvivenza a/entro una determinata data. Il rischio di sopravvivenza (longevity risk) assicura il rischio che, a fronte della sopravvivenza a/entro una determinata data, l’assicurato non disponga di risorse adeguate a sopravvivere ancora. Ciò accade, in particolare, a causa dell’invecchiamento dell’assicurato (e/o di una popolazione) che non potrà più prestare la propria opera per guadagnarsi da vivere. A questo scopo, il singolo individuo e/o una collettività possono stipulare contratti (polizze), in contropartita con una Società di assicurazioni (1), relativi alla durata della vita che si configurano come Fondi pensione .
In Italia, la Costituzione del 1948 individua la previdenza sociale come un diritto costituzionale prevedendo che le prestazioni pensionistiche vengano erogate da <<organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato>>; la popolazione italiana ha dunque il diritto di disporre di un’assicurazione sulla durata della vita che si configura come un Fondo pensione pubblico (ramo VI).
Il dettato costituzionale si inserì in un ordinamento pluralistico, cioè con una molteplicità di Enti preposti a fornire prestazioni pensionistiche e con regimi differenziatisi e, si potrebbe dire oggi, senza vincoli di bilancio (o fiscali). Ad esempio, i regimi pensionistici obbligatori per le categorie del lavoro autonomo (coltivatori diretti, artigiani e commercianti) furono introdotti con specifiche leggi nel corso degli anni ’50 e ’60, determinando l’allargamento della garanzia costituzionale a tutti i lavoratori. Inoltre, nel tempo, tale pluralità di Enti e di regimi previdenziali provocò situazioni di privilegio che si accompagnarono a rilevanti squilibri finanziari per cui le norme hanno modificato le modalità di gestione degli Enti preposti – gestioni a 9capitalizzazione (2) e a ripartizione (3) -, le modalità di calcolo delle prestazioni – retributivo (4) e contributivo (5) – e hanno favorito l’allargamento della platea dei beneficiari delle prestazioni previdenziali – pensione di anzianità (6}, termini per la pensione di vecchiaia (7), perequazione automatica delle prestazioni (8), fiscalizzazione della pensioni sociali (9), reversibilità delle prestazioni (10), contribuzzioni figurative–.
Anche presso i Paesi europei si sono generalizzate le gestioni a ripartizione a scapito delle gestioni a capitalizzazione favorendo l’istantaneità del momento contributivo e del momento della prestazione e ponendo a carico dello Stato il divario fra i due ammontari. Ciò significa che, il carico dello Stato aumenta se l’ammontare di chi versa è inferiore rispetto all’ammontare richiesto dai pensionati. Nel tempo questo divario è aumentata per diversi motivi, scaricando l’onere sul bilancio dello Stato e dunque minando la sostenibilità del sistema. Non vi è chi non veda, oggi, l’impossibilità di mantenere a carico della Finanza Pubblica italiana un sistema del genere che ha generato situazioni di iniquità cristallizzatesi nei famosi diritti acquisiti maturati in tempi favorevoli e, si potrebbe anche dire, in periodi di `spensieratezza’. In un certo senso si potrebbe dire che è maturata, accanto al sistema previdenziale, la componente assistenziale. A questo problema si è cercato di porre mano a partire dalla fine degli anni Ottanta e, in particolare, con la riforma Amato del 1992.
Franco Modigliani (Roma 1918 – Cambridge, Mass. 2003; Nobel Prize 1985) (11)
Il ciclo vitale del risparmio (1954) sintetizzato da Franco Modigliani è rappresentato dalla Fig. 3 del video (dal min. 10:30). Sull’asse orizzontale si ipotizzano 3 momenti della vita di una collettività: l’entrata nel mercato del lavoro (a 20 anni), l’uscita dal medesimo mercato (a 65 anni), il fine vita. Si ipotizza poi che, a partire dai 20 anni, a fronte del reddito conseguito. considerato costante, se ne risparmi una fetta cumulando la quale si matura una `ricchezza¡, rappresentata dalla retta crescente fino al momento in cui si inizierà a vivere di rendita (65 anni, presunta età di pensionamento).Si può osservare che nello schema proposto, la società (l’ordinamento) accredita i propri componenti di alcuni diritti semi gratuiti (in primis l’istruzione e la sanità) fino a 20 anni e che, dopo i 65 anni, la società consente alla collettività di vivere di rendita, cioè di percepire la pensione. Per cui si hanno due periodi durante i quali si vive si rendita: fino a 20 e dopo i 65 anni: se la speranza di vita è di 80 anni, la collettività vive di rendita per ben 35 anni su 45 anni di attività.Questo onere può essere posto totalmente a carico dello Stato oppure può essere posto anche a carico di chi ne fruisce. In Italia, ad es., la rendita che si percepisce fino a 20 anni, viene pagata quasi completamente dal fiscalità generale (cioè dal bilancio publico) mentre la rendita successiva ai 65 anni viene pagata, col sistema a ripartizione, dai lavoratori attivi e, in caso di incapienza, dalla Finanza pubblica; col sistema a capitalizzazione verrebbe pagata dall’INPS. Da queste banali osservazioni, si capisce che fino a 20 anni è comprensibile che i cittadini vivano a carico della collettività ma, dopo i 65 anni la situazione non è più così comprensibile.L’obbligatorietà del sistema pensionistico italiano trova la sua ragion d’essere nell’illusione ottica dei giovani che considerano l’invecchiamento una questione che riguarda gli altri e sottovalutano il rischio di sopravvivenza. Naturalmente, sarebbe auspicabile che questa illusione ottica cedesse il passo ad una percezione più realistica sulla durata e sulle intemperie della vita. Ma questa è un’altra illusione dei vecchi che, disillusi, immaginano di raccontare la realtà ai più giovani. Ciò posto, a me sembra sicuramente auspicabile che sia obbligatorio per tutti – Stato, Governi e cittadini – prendere atto dello schema sintetico di Modigliani.Riferita all’Italia, l’osservazione non rappresenta tuttavia un’eccezione ma appare la norma presso i Paesi sviluppati: come fa notare l’Autore di questo post: <<Nel 1970 si andava in pensione a 67,6 anni con una speranza di vita di altri 10,5. Nel 2015, con un tasso di crescita della popolazione over 20 molto più basso, si va in pensione a 65,5 con 18,7 anni di speranza di vita. Bisogna arrivare al 2030 per avere un numero di anni di lavoro quasi al livello del 1970, ma con una speranza di vita da pensionato quasi doppia. Non c’è altro da aggiungere.>>Ma, ovviamente, presso i singoli Paesi vi sono diversi livelli di sostenibilità degli squilibri indotti dal sistema a ripartizione: se la Finanza Pubblica è oberata dai debiti, cioè se il prodotto non cresce e aumentano i debiti, sarà necessario trovare qualcuno che compri quei debiti e/o che rinnovi l’acquisto dei nostri vecchi debiti giunti a scadenza.
E anche questo, per l’Italia, è un bel problema.
Finanza Pubblica e Previdenza
Sappiamo, dalla pillola n. 9 di Finanza Pubblica per tutti, che sussiste uno stretto collegamento fra sistema pensionistico a ripartizione e bilancio dello Stato. Riassumendo, se consideriamo il rapporto D/PIL sappiamo che, indipendentemente dal suo livello, il valore si modifica agendo sul numeratore e/o sul denominatore: se il D resta fermo, il valore del rapporto migliora (diminuisce) se il PIL cresce; se il PIL resta fermo, il D cresce quasi per definizione e così il rapporto peggiora (aumenta). Ne segue anche che deve essere il PIL a `sostenere’ il D; ma se, come in Italia, il D è fortemente condizionato dalle prestazioni pensionistiche e il PIL resta fermo il problema della sostenibilità del livello del D si scarica sulla questione della sostenibilità del sistema pensionistico in essere.
Sappiamo anche che il D cresce in forza del deficit (d/PIL) annuo. Anche in questo caso, agire sul rapporto d/PIL significa ripetere le medesime osservazioni addotte in tema di D/PIL. Con la differenza che l’istantaneità fra contributi e prestazioni previdenziali debbono compensarsi in corso d’anno (12 mesi); se, invece, ci si riferisce ad un mese (30 giorni), il problema dell’istantaneità si accentua divenendo un problema di Cassa: ogni mese i contributi debbono compensare le prestazioni.
Questo è il problema che si dovette fronteggiare a fine 2011, in occasione della Riforma Fornero, quando il Ministro del Lavoro si trovò a dover fronteggiare uno squilibrio di Cassa col pericolo di non poter pagare non solo le pensioni, ma gli stipendi dei dipendenti publici.
Per questo motivo nel corso degli ultimi trent’anni si è più volte considerato di modificare gradualmente il sistema pensionistico a ripartizione divenuto sempre meno sostenibile per due motivi: l’uno intrinseco al sistema ove la componente assistenziale (quella non fondata su adeguati contributi) è divenuta troppo onerosa, l’altro esterno e dovuto all’aumento del D e alla stagnazione del PIL.
Il sistema a capitalizzazione
Tornando al modello Modigliani e alla questione della sostenibilità intrinseca del modello effettivo in vigore in Italia, è evidente che l’accumulo di risorse da 20 a 65 anni di età sarebbe necessario per sostenere il periodo successivo, da 65 anni in poi, ove si utilizzano le risorse accumulate in precedenza. Lo schema vale per un singolo individuo come per una collettività: quanto ai singoli individui però, vi sono soggetti che entrano nel mercato del lavoro a 30 anni e che escono a 70 anni per cui i contributi dei 40 anni di attività debbono fronteggiare gli anni successivi ai 70 (18,x calcolati come speranza di vita); altri che entrano a 15 anni e che ne escono a 55, pure con 40 anni di contributi che saranno tuttavia necessari a sostenerli per i successivi 25anni (sempre nell’ipotesi che la speranza di vita sia di 18,x anni anche a 55 anni di età); e le esemplificazioni potrebbero continuare.
Lo schema sintetico di Modigliani implica la necessità di introdurre la variabile incertezza inerente la durata della vita. Essendo il futuro saldamente nelle mani degli Dei, è necessario dotarsi di ipotesi che tentino di misurare l’incertezza. Quando se ne dà una misura, si parla di rischio: quando ci si riferisce a variabili finanziarie si parla di rischi finanziari (ad es. il Asset Liabilitiy Management – ALM degli Intermediari Finanziari), quando ci si riferisce a variabili demografiche trasferite ad un assicuratore si parla di rischi attuariali. Rischi finanziari e rischi attuariali vengono misurati da modelli matematico-statistici, più o meno robusti, volti ad individuare e a dare contenuto monetario all’incertezza di futuri eventi finanziari e attuariali.
Se si prende in considerazione la variabile demografica si può avere un’idea di come si trasformi una piramide demografica, in una piramide previdenziale e, successivamente, dapprima in una botte previdenziale e poi in un bell’albero previdenziale con una rigogliosa chioma che poggia su di un tronco sottile (v. video dal min. 27:30).
La riforma Fornero
Spero sia chiara la necessità di passare dal sistema a ripartizione al sistema a capitalizzazione: non solo in forza del modello Modigliani, ma anche per ripensare alla conclamata apparente solidarietà intergenerazionale prevista dal sistema a ripartizione. Essa sussiste se, e solo se, sussiste la coincidenza quantitativa e temporale fra contributi e prestazioni previdenziali; nel caso la coincidenza non sussista, si è visto, aumenta il D/PIL in forza dell’aumento del d/PIL. Ma ciò significa trasferire alle prossime generazioni i debiti contratti.
Ad evitare questo evento, ha cercato di provvedervi la Riforma Dini (1995) i cui effetti si avranno nei prossimi vicini anni, data la gradualità prevista dalle norme.
La Legge Fornero ha agito su due fronti: a) quello dell’età pensionabile, individuata secondo alcuni criteri fra i quali, determinante, la speranza di vita notevolmente aumentata negli ultimi anni, e b) quello del calcolo della prestazione pensionistica. Sul primo punto, l’INPS mette a disposizione un `calcolatore’ per individuare l’età pensionabile individuale (12); sul secondo punto, l’innesto sulla Dini è più generale, ed possibile individuare le tre seguenti possibilità:
Anzianità al 31/12/1995 |
Calcolo fino al 1995 |
Calcolo dal 1996 al 2011 |
Calcolo dal 2012 |
– nessuna | — | Contributivo | Contributivo |
– meno di 18 anni | Retributivo | Contributivo | Contributivo |
– 18 anni o più | Retributivo | Retributivo | Contibutivo |
Le cronache degli ultimi anni hanno dato più volte notizia delle questioni che la riforma Fornero ha sollevato e su questi problemi si è innescata una becera querelle politica volta ad acquisire consensi invece che a risolvere l’annosa questione che non solo mina il bilancio pubblico ma che trasferisce anche alle prossime generazioni i debiti contratti dallo Stato. D’altra parte, qualsisia riforma strutturale offre il fianco a critiche più o meno fondate a seconda della difficoltà di capire e di spiegare il problema.
L’alternativa, secondo il mio punto di vista, sarebbe, come ho cercato di evidenziare, quella di agire sul PIL: in attesa che ciò i realizzi, tuttavia, dovremmo evitare di trasferire alle prossime generazioni la nostra insipienza.
`Quota 100′
Un esempio di tale insipienza è Il provvedimento governativo denominato `quota 100′, venduto come `abolizione della Legge Fornero’ non abolisce nulla, ma apre una finestra sospendendone l’attuazione per un triennio e fissando parametri uguali per tutti indipendentemente dall’aumento della speranza di vita: sarebbe necessario essere consapevoli che, in presenza di un sistema ripartizione, possono porsi problemi analoghi a quelli di fine 2011.Il che dipende da una variabile non controllabile qual è lo spread e quindi l’opinione dei mmerati finanziari,
Nel contratto del Governo Conte 1, è prevista l’abolizione Legge Fornero. Le tre ipotesi in cui si articola il programma prevedono: la pensione anticipata con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età; la pensione di anzianità con quota 100 (somma fra età anagrafica e anni di contributi versati); l’Opzione Donna, una forma di pensione anticipata riservata alle donne con 35 anni di contributi e 57 o 58 anni di età (se lavoratrici dipendenti o autonome).
Conclusione
Se il PIL sostiene il D, dovremmo cercare di agire sul PIL: ma qui si apre il problema italiano che affonda le sue radici nel Secolo breve.
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(1) Le imprese del settore assicurativo e previdenziale (v. ATECO 2007, Settore J 66) comprendono le imprese il cui core business prevede lo scambio fra una prestazione monetaria a pronti (il pagamento di premi) e una prestazione a termine qualora un determinato evento aleatorio si verifichi. Da punto di vista dell’assicuratore lo scambio a pronti prevede l’assunzione di un determinato rischio aleatorio (cioè futuro, incerto e dannoso) a fronte della riscossione di un premio mentre la prestazione a termine dipende dalle condizioni contrattuali (la polizza). Dal punto di vista dell’assicurato, lo scambio a pronti prevede la cessione di un determinato rischio aleatorio a fronte del pagamento di un premio mentre la prestazione a termine dipende dalla polizza.
Le assicurazioni libere vengono regolate dalle polizze stipulate fra contraenti, le assicurazioni obbligatorie vengono regolate dalla legge o dai contratti di lavoro (collettivi o meno).
Gli eventi aleatori assicurabili possono essere relativi ai danni e/o alla vita. Fra i primi, il ramo danni, si comprendono anche le assicurazioni sugli infortuni e sulle malattie; fra gli altri, il ramo vita, si comprendono gli eventi inerenti la durata della vita (morte, anzianità, invecchiamento e invalidità dell’assicurato) e sono oggi individuati dal D. Lgs. 209/2005 e cioè: ramo I, assicurazioni sulla durata della vita umana; ramo II, assicurazioni di nuzialità e natalità; ramo III, assicurazioni di cui ai rami I e II connesse con fondi di investimento; ramo IV, assicurazioni malattia del tipo {Permanet Health Insurance}; ramo V, operazioni di capitalizzazione; ramo VI, operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l’erogazione diprestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell’attività lavorativa.
Gli eventi aleatori inerenti la durata della vita di singoli individui possono comprendere anche la durata della vita degli appartenenti ai loro nuclei familiari e vengono fronteggiati dalle assicurazioni caso morte, caso vita e miste. Le assicurazioni inerenti la vita di collettività, cioè gruppi di persone, possono essere:
a) assicurazioni sociali: coperture assicurative obbligatorie, erogate da enti pubblici (Stato, Enti previdenziali e assicurativi, Enti sanitari) a favore di persone che fanno parte di una collettività (lavoratori dipendenti, cittadini di uno Stato, di una Regione, ecc.). Si tratta di pensioni, prestazioni in caso di malattia, infortuni e invalidità. Sono obbligatorie per legge e vengono finanziate dal bilancio pubblico;
b) assicurazioni collettive: stipulate da datori di lavoro, o da associazioni, a favore dei propri dipendenti, o associati;
c) fondi pensione: gestioni, pubbliche e/o private, di mezzi finanziari in monte, che assicurano rendite vitalizie agli individui di una collettività, a partire dall’entrata in quiescenza di ciascuno;
d) piani pensionistici individuali: gestioni private di mezzi finanziari in monte, che assicurano rendite vitalizie individuali e personalizzate, a partire da una data determinata (ad esempio, l’entrata in quiescenza).
(2) Il modello a capitalizzazione prevede che l’Ente previdenziale capitalizzi i contributi versati dagli assicurati e successivamente paghi le prestazioni.
(3) Il modello a ripartizione prevede che i lavoratori attivi finanziano le pensioni con i loro contributi (solidarietà intergenerazionale) restando a carico dello Stato il divario fra contributi e prestazioni previdenziali. In tal caso vi è istantaneità fra i momenti della contribuzione e della prestazione.
(4) Il metodo retributivo calcola la prestazione pensionistica sulla base dei livello retributivo degli ultimi anni. Questo modello.base, per evolvendosi, non ha mai cessato di esistere: ad es., a partire dal 1976, il rapporto pensione/retribuzione, passò all’80% e furono migliorati i criteri di determinazione della retribuzione pensionabile fino a che, dal 1988, tutta la retribuzione pensionabile fu assoggettata a contribuzione in modo da introdurre forme di rendimento pensionistico.
(5) Il metodo contributivo calcola l’importo della pensione sulla base dei contributi effettivamente versati (il “montante contributivo”). L’ammontare dei contributi viene rivalutato in base all’indice Istat delle variazioni quinquennali del Pil e moltiplicato per il coefficiente di trasformazione, aggiornato ogni 3 anni (dal 2019 ogni due) e variabile, in base all’età del lavoratore al momento della pensione.
(6) Con la pensione di anzianità la prestazione pensionistica viene erogata dopo un determinato numero di anni lavorativi di contribuzione. La Legge prevedeva che la pensione di anzianità potesse essere erogata dopo avere maturato 35 anni di anzianità contributiva e di servizio (per il pubblico impiego 14,6 e 19,6 anni, poi diventati 25 e 19, indipendentemente dall’età).
(7) La pensione di vecchiaia viene erogata dopo un determinato numero di anni di servizio. Era fissata a 60 anni per gli uomini e a 55 per le donne, nel regime generale del lavoro dipendente privato con almeno 15 anni di contributi;
(8) La perequazione automatica delle prestazioni rispetto alle variazioni del costo della vita (inflazione). Il meccanismo così disponeva di un duplice aggancio: i) con l’evoluzione delle retribuzioni dei lavoratori attivi e ii) con l’andamento dei prezzi. Venne soppresso nel 1992. In precedenza, tale istituto era previsto solo per il regime generale dell’INPS e condizionato agli avanzi di bilancio. Successivamente, la perequazione fu estesa a tutte le gestioni (L. 41/78).
(9) La pensione sociale veniva corrisposta a tutti i cittadini ultra sessantacinquenni, sprovvisti di reddito e di tutela pensionistica.
(10) la reversibilità, prevedeva l’estensione delle prestazioni di vecchiaia, invalidità al familiare superstite anche in assenza di contributi versati.
(11) Chi fu Franco Modigliani: Mario Baldassarri, Giorgio La Malfa
(12) Per il 2020, in conseguenza delle proiezioni Inps, l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia dovrebbe essere pari a 67 anni (rispetto ai 66 anni e 11 mesi previsti nella relazione tecnica alla legge Fornero) e l’anzianità contributiva per il conseguimento della pensione anticipata dovrebbe essere di 43 anni e 3 mesi per gli uomini e di 42 e 3 mesi per le donne (rispetto ai precedenti, rispettivamente, 43 anni e 2 mesi e 42 e 2 mesi); per la pensione anticipata per chi ha versato il primo contributo dopo il 1° gennaio 1996 l’età anagrafica dovrebbe essere di 64 anni.