Falsi…

Qualsiasi sondaggio volto a descrivere l’evidenza empirica implica un margine di errore: si tratta dei falsi positivi e dei falsi negativi.

Se, ad esempio, si cercano le persone infettate dal Covid-19 tramite i tamponi e/o tramite qualsiasi altra tecnica sono possibili i seguenti esiti: positivo, negativo, falso negativo (l’esito esclude il contagio che invece sussiste), falso positivo (l’esisto conferma il contagio che invece non sussiste). Ovviamente, nel caso di sondaggi sanitari l’esito che peroccupa è il falso negativo perché è un portatore di contagio; il falso positivo è soggetto a restrizioni ma non di contagio.

Uno dei problemi rilevanti della mappatura della diffusione del Covid-19 consiste nel cercare di ridurre il margine di errore dei sondaggi e, a queto scopo, vi sono le analisi sierologiche che possono avvenire prelevando il sangue dalla vena o pungendo un polpastrello. L’errore si annulla prelevando il sangue dalla vena, se ho capito bene.

Passare dal tampone all’esame sierologico più affidabile dipende da alcuni fattori; i costi, i tempi e le modalità di esecuzione, il personale addetto, dal margine di errore accettabile, ecc. Se, ad es. il margine di errore dei tamponi è del 30% e lo si considera eccessivo vi sarebbe l’utilità di ridurlo. Se, invece, lo si considera accettabile le politiche di contenimento vi si adeguano.

Secondo il seguente articolo redatto da alcuni specialisti dell’area di Bergamo sembra che i falsi negativi non siano irrilevanti, per cui sarebbe assai utile approfodnire l’analisi per avere una qualche mappatura più affidabile dei Covid-19: la strumentazione statistica non manca per produrre campioni statistici significativi e affidabili, né mancano studiosi di calcolo delle probabilità per trarre indicazioni un po’ meno generiche del rapporto decessi/ospedalizzati o cose del genere.

Per avere un’idea illuminante del problema dei falsi segnalo il seguente paper del prof. Marco Li Calzi,

 

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